La noia, Nettuno, Sartre e Califano
Roma è la mia città, e anche se la vita mi ha portata via spesso e volentieri, rimane la mia culla culturale ed emotiva.
La grande bellezza, innegabile anche nelle sue tortuosità, nel suo essere papale e bersagliera allo stesso tempo, giovanilmente frenetica e vecchia rugosa, mi seduce ogni volta che ci torno e come gli amori che non ti lasciano mai andare davvero, spesso mi fa commuovere al solo pensiero perché credetemi, non c’è niente di così bello come le campane ai vespri che rintoccano in tutta la città, mentre il sole tramonta e colora di rosa i marmi di piazza Navona, luogo dove amo stare seduta a prendere un caffè.
Ovviamente anche la musica tipica, dagli stornelli di Lando Fiorini a Roma capoccia di Venditti fanno parte di questo amore, e così ho visto con grande attesa il film “Califano” su rai 1.
La fiction è stata bellissima e ho iniziato a riflettere sul concetto di noia, visto che Sanremo è stato vinto proprio da una canzone così intitolata. Quale pianeta regge la noia esistenziale?
Perché ovviamente la noia di cui cantava Califano, così come quella espressa da Sartre nel suo libro La nausea, è una dimensione di bolla, in cui tutto è appannato e vago, non solo una fase di vuoto. La nausea è l’impossibilità di dare un ordine alle cose: il soggetto ha una visione alterata e il racconto infatti procede per allucinazioni. La condizione dell’uomo, “che l’autore definisce “orrore di esistere” viene intesa, dunque, come solitaria ed angosciosa. Sebbene viva in società, l’individuo è solo in ogni istante”. (citato da Wikipedia)
Identico messaggio nella nota canzone del Califfo, che risolve con l’abbandono all’amore lo stato fluttuante e aberrante dell’esistenza, proprio come il personaggio di Sartre risolve sposando la scrittura. Come dire, ciascuno risponde trovando un appiglio esistenziale nelle proprie doti, nei propri trascorsi, ammesso che fra amore e produzione artistica ci sia poi tutta questa differenza: sappiamo bene che per l’astrologia questi concetti abitano entrambi la casa quinta.
E quale pianeta potrebbe mai essere il padre di questa sensazione vaga, un po’ malata, esangue, dissolvente e dissoluta, che però nutre in sé il germe della creazione, se non Nettuno, signore degli abissi, dove è impossibile vedere con chiarezza ma dove la vita è nata nella sua forma embrionale?
E difatti, andando a stendere i grafici natali del cantante e del filosofo, che hanno descritto questo atteggiamento in modo esemplare anche se in contesti diversi, le analogie sono impressionanti, ma soprattutto i due temi presentano un Nettuno fortissimo, congiunto al sole per entrambi i soggetti; così come una casa V fortemente abitata (la creazione di un ‘opera); Marte in scorpione per Sartre e Venere per Califano, legando sensazioni, creatività e senso di morte. Urano è anche molto parlante: congiunto all’AS per il cantautore, in casa prima per il pensatore, che ci racconta l’’estrema originalità nella vita e nell’arte di questi due uomini apparentemente così lontani, indubbiamente frenetici ed elettrici, anche se uno più mentalmente, mentre l’altro mette la nevrosi uraniana nelle parole, sostenuto da quel meraviglioso e invidiabile Plutone in terza, che ci ha regalato la creazione di alcune fra le più iconiche canzoni italiane.
E a proposito di Nettuno come espressione anche delle vergini compensate, cioè che manifestano comportamenti pescini finanche eccessivi, di certo Califano lo fu, nella sua vita balorda e geniale, scomposta e poetica; che poi ricorda moltissimo altre due vergini compensate care alla musica italiana, Mia Martini e Loredana Bertè, nate entrambe il 20 settembre. Interessante a tal proposito l’articolo dedicato al Califfo scritto da Ciro Discepolo che trovate in rete.
Voglio condividere un’osservazione nata in trent’anni di astrologia: la vergine è uno dei segni più frequentemente votati a manifestare la compensazione. Mi sono chiesta perché ovviamente, ammetto anche per consapevolezza personale, perché credo di rientrare ampiamente nella categoria. Credo accada alla vergine che, essendo già il sesto segno l’esaltazione di Urano, abbiano Urano stesso forte nel tema.
È un pianeta, il signore dell’aquario, che rende trasgressivi, eccentrici, amanti della sperimentazione in ogni campo, curiosi delle novità e di tutto ciò che si presenta irruente, senza freni, iconoclasta e alternativo al sistema: in poche parole, i ribelli, i pazzi, il matto degli arcani maggiori.
Urano è un pianeta anche ti immerge nella conoscenza del mondo, ma rende i rapporti plurimi, amichevoli, ma non profondi, piuttosto cerebrali; e a mio avviso una delle caratteristiche meno comprese dei virginiani, è il costante e profondo senso di solitudine che si portano dentro, legato ad una mentale difficoltà di aprirsi. Creature capaci di gesti generosi persino assurdi, ma a cui nessuno riesce veramente ad accarezzare l’anima; e non è un caso, secondo me, che alcune delle passioni più potenti che io abbia visto è stata fra vergine e acquario, come se i due fossero gli unici a sentire la difficoltà di sfiorare il tremolio dell’anima.
E di certo, virginiano compensato Califano lo fu, come lo è oggi la Bertè che ha un Urano opposto alla luna, quadrato a venere, nella sua casa XI, e Giove in aquario, e che oggi canta “sono sempre la ragazza che per poco si incaxxa… e nella testa solo fuochi d’artificio… io sono la più pazza che c’è, e sono pazza di me, e voglio gridarlo ancora, non ho bisogno di chi mi perdona, faccio da sola”.